domenica 26 aprile 2015

Un ultimo scorcio dal Bel Paese

Non mancano in quest'ultimo fine settimana nemmeno i birrifici italiani; a partire dal pionere del settore, Le Baladin, il cui fondatore Teo Musso ha scritto la prima pagina di una storia che oggi conta oltre ottocento birrifici artigianali. Baladin porta i pezzi storici: la Nazionale - prodotta solo con materie prime italiane -, la Open - nelle versioni White (blanche) e "Rock and roll", con l'aggiunta di ben cinque tipi di pepe che senza risultare invasivi donano un peculiare tocco amaro nel finale -, la rossa doppio malto Elixir con lieviti da scotch, la Super Bitter e la stout Brune - una delle tre ricette originali del fondatore e disponibile solo alla spina.

Altro birrificio "storico" è Amarcord, che porta la bionda, la bruna e la mora: no, non sono tre donne, ma le loro tre classiche ad alta fermentazione, la prima aromatizzata con miele d'arancio, la seconda con zuccheri canditi, e la terza con caffè. A queste si aggiunge la bionda Gradisca, unica bassa fermentazione.


Una sosta è poi d'obbligo allo stand di Retorto, che esibisce con orgoglio i propri trofei: un primo premio ("nella targhetta c'è scritto terzo, ma è un errore") al Campionato Italiano delle birre artigianali 2014 per il barley wine Malalingua, e altri due per la belgian sgtrong ale Black Lullaby e la scotch ale Daughter of Autumn - sul gradino più alto per la sua categoria anche a Birra dell'Anno. La chicca è indubbiamente la Black Lullaby, una scura ad alta fermentazione con l'aggiunta di avena, fave di cacao e bacelli di vaniglia: gli intensissimi sapori di tostato iniziali virano così verso il dolce in chiusura, con una leggera punta di acido. Ma anche la Daughter of Autumn, strong ale di stile scozzese dai toni caramellati e discretamente torbati, merita una prova: prendetele entrambe e condividete.

Da non perdere nemmeno Toccalmatto, che esibisce la celeberrima pils Re Hop, la saison Tabula Rasa, la Pale Ale Zona Cesarini, e la saison Sibilla: una belga che più belga non si può, dai classici profumi floreali e un finale speziato con una punta di leggera e dissetante acidità.


A voler portare la "Birra al popolo", come da slogan, è poi il birrificio San'Andrea - BSA per gli amici - di Vercelli: perché "la birra è per tutti, è conviale", afferma Armando nell'illustrarci le birre disponibili - tutte rigorosamente di stile anglosassone. Su tutte spiccano la RiOt, una belgian strong ale dalle possenti note maltate e caramellate con una chiusura tra i sentori di frutta secca e quelli di whisky, e la Fog, una witbier assai rinfrescante con infusione di buccia d'arancia e coriandolo.

Ultima voce fuori dal coro, non perché fuori stile ma per la sua storia particolare - un marchio nato nel 1766 a Trieste con Maria Teresa d'Austria, e poi fatto rinascere a Nervesa nel 2000 dall'imprenditore Martino Zanetti - è Theresianer, che ha fatto del celebre "Editto di purezza" del 1516 - che impone di usare solo malto d'orzo, acqua, lievito e luppolo - la sua regola imprescindibile. Tra tutte vi consigliamo la strong ale, dagli intensi profumi e sapori maltati e di frutta secca: attenzione però agli 8 gradi e mezzo, suggeriamo una piacevole attesa a uno degli stand gastronomici prima di rimettersi alla guida...

sabato 25 aprile 2015

Home sweet home...brewing

Dato il gran numero di homebrewers in Italia - si stima siano oltre 10.000 - Mastro Birraio non poteva certo ignorarli: e così oggi René Vacilotto, homebrewer di decennale esperienza, ha portato i ferri del mestiere per l'incontro "Ne facciamo di tutti i colori". Incontro in cui Vacilotto ha spiegato "come io faccio la birra: perché è vero che ci sono delle regole e dei procedimenti da cui non si può prescindere, ma alla fin fine ognuno ci mette del suo".

Vacilotto ha iniziato da una panoramica sulle materie prime e sulla storia della birrificazione, dall'editto di purezza di Guglielmo di Baviera - che consentiva l'uso unicamente di malto d'orzo, acqua, luppolo e lievito - alle birre più "fantasiose" in cui, dalla frutta alle spezie - che sono pur parte della tradizione birraria belga - qualsiasi aggiunta è ammessa; ed è poi passato a raccontare appunto come fa lui la birra, con il risultato finale - una bottiglia con scritto "La birra di René" - in bella vista sul tavolo; così come in bella vista sul tavolo erano gli "attrezzi del mestiere", dai pentoloni per preparare il mosto ai malti. Un incontro a metà tra il racconto di un hobby - così lo ha definito Vacilotto - e la lezione di chimica, alla scoperta del legame tra enzimi, temperatura, zuccheri e lieviti. Vi risparmio la lezione, ma sappiate che, se volete fare birra a dovere, qualche ricordo di chimica del liceo potreste doverlo riesumare: buono studio, buon divertimento, e buona degustazione finale - se la birra v'è riuscita bene.

Ma Vacilotto non è l'unico rappresentante degli homebrewers: uno stand è infatti dedicato all'Associazione Homebrewers Fvg, nata nel 2014, che ha riunito gli appassionati di tutta la regione e oltre per approfondire la loro passione con degustazioni, confronti e visite guidate, e farla conoscere ad altri - essendo il tesseramento aperto a tutti. Domani i ragazzi friulani faranno una cotta pubblica, per precisione una Ipa, così da far vedere a tutti come nasce la birra; ma anche per chi non volesse fermarsi a lungo così da vederla tutta, un giro al loro banchetto per testare di persona i vari campioni di malto e di luppolo - e rendersi conto della differenza esistente tra le diverse varietà - è comunque molto istruttivo. Chissà che qualche visitatore non rimanga così affascinato da tesserarsi....

Tutti i sapori del Mastro Birraio, parte terza

Anche nel terzo fine settimana prosegue il viaggio tra i piatti tipici della Penisola. Troviamo ad esempio la Toscana con i suoi affettati tagliati al coltello: su tutti la tipica finocchiona, un particolare tipo di salame fresco con semi di finocchio, e il saporitissimo prosciutto. Aggiungiamoci pure la simpatia del ragazzo allo stand, e il piatto è servito.

Un po' più a sud, non poteva mancare nemmeno la porchetta di Ariccia: assaggiata sul pane caldo, è indubbiamente una squisitezza come poche.


In generale, comunque, se siete appassionati di carne Mastro Birraio è il posto che fa per voi: dall'hamburger di chianina, alla fiorentina cotta alla brace, agli arrosticini, alle grigliate dell'osteria argentina -incredibile la tagliata che vedete nella foto -, ce n'è davvero per soddisfare anche i palati più esigenti.


Dopotutto, però, sempre di una fiera della birra si tratta: e infatti c'è anche lo stand della torta alla birra, prodotta dalla pasticceria Garbujo di Feltre, utilizzando la birra Centenario di Pedavena al posto del latte nella crema pasticcera. Vabbè, in realtà l'alcol evapora e anche l'aroma della birra non si conserva intatto: però c'è di che leccarsi i baffi...

Una tradizione da tutta Europa

Il terzo weekend di Mastro Birraio è dedicato alla scoperta delle tradizioni birrarie di tutto il continente. Iniziamo, in ordine puramente casuale per non fare torto a nessuno, da quella tedesca: direttamente dalla Franconia arriva Weiherer Bier, il cui slogan "semplicemente birra" ben indica la volontà di mantenersi fedeli alla secolare storia brassicola del Paese: su tutte spiccano la Bock, medaglia di bronzo 2011 European Beer Star, dai dolci aromi di malto con sentori di tostato in chiusura; la Rauch, affumicata medagli d'argento 2014; e sul primo gradino del podio la Keller, medaglia d'oro 2011, dagli aromi fruttati di pera e pesca dati dal lievito.

Sempre dalla Germania, ma più eterodosso in quanto a tradizione, arriva in Braukunst Keller, che su otto birre brassate ne ha ben cinque non di stile tedesco - principalmente vari tipi di Ipa -; la specialità da provare è però la Smoked & Sour, birra che - secondo un'antica ricetta tedesca - unisce sapori affumicati ed acidi utilizzando il 40% di malto rauch (affumicato, per i non bilingui) e malto sour (acido, sempre per i non bilingui). Per palati forti, ma indubbiamente interessante.

Passando alla Spagna, Paese poco noto sotto il profilo birrario ma in pieno sviluppo, troviamo il catalano Carpano: il panoreama offerto è molto ampio, spaziando su più o meno tutti i generi; chi scrive ha provato per voi la Devil's Ipa, una Ipa dai colori ramati e dall'amaro assai deciso - 130 Ibu, per gli adepti; e la Blonde Ale, dai freschi profumi agrumati e assai dissetante.

Dalla Svizzera arriva invece Bad Attitude, che, oltre che per le birre, merita una visita se non altro per la creatività delle spine: vedere la foto per credere.


Naturalmente non poteva mancare il Belgio, con due dei birrifici più quotati al momento per quanto relativamente giovani - Lupus e Rulles -, più una chicca, la piccola ma abile Brasserie de Bastogne: da provare la loro Trouffette, in particolare la blonde, che si distingue per un aroma floreale particolarmente intenso che continua con le stesse note anche nel corpo rotondo, per chiudersi poi con una luppolatura fresca e un amaro delicato.

Né poteva mancare l'Inghilterra: lo stand Beer Gate riunisce diverse produzioni dell'isola, dalla Durham Brewery - con la Bombay, autentica Ipa in antico stile inglese, dalla luppolatura più amara , alla By the horns brewing company, all'agribirrificio Great Newsome che usa il 90% di materie prime proprie - da provare la best bitter Frothingam Best, in puro stile inglese senza gasatura a con note dolci quasi da whisky. Rigorosamente spinate a pompa, come la tradizione inglese comanda.




Da ultimo, ma non per importanza, la Repubblica Ceca. Direttamente da Praga arriva Malastrana, che ha portato direttamente da Praga la sua Bohemian Pils fresca di certificazione Igp: cereale puro nel corpo pieno, come da miglior tradizione boema. Vi aspettiamo per un tour del continente!

venerdì 24 aprile 2015

La più antica delle birre moderne...o la più moderna delle birre antiche

Sono state le prime birre ad essere prodotte nell'antica Mesopotamia, eppure oggi sono relativamente poco conosciute - almeno in Italia: stiamo parlando delle birre a fermentazione spontanea, ossia quelle in cui la fermentazione avviene grazie ai batteri e ai lieviti naturalmente presenti nell'aria. Pressoché tutte sono caratterizzate da un'acidità più o meno intensa, e per questo sono dette anche birre acide - per quanto i due termini non siano esattamente sinonimi, in quanto alcune birre acide sono prodotte con lieviti inoculati; e oggi la loro "patria" è lungo il corso del fiume Senne, in Belgio, le cui particolari condizioni ambientali la rendono particolarmente adatta alla loro produzione. Anche a Trieste però c'è una piccola "valle della Senne": o almeno così è pronto a giurare chi ha visto la cantina di Paolo Erne, homebrewer - uno dei più vecchi d'Italia, avendo iniziato nel 1972 - e fondatore dell'Accademia delle Birre, che oggi è arrivato a Santa Lucia per condurre i presenti in un viaggio alla conoscenza di queste birre - intitolato "la più antica delle birre moderne" - di cui è uno dei maggiori cultori nel nostro Paese.

La birra, ha raccontato Erne tra il serio e il faceto, "è probabilmente nata dalla dimenticanza di una signora della Mesopotamia, che ha lasciato la minestra d'orzo fuori di casa e ha iniziato a fermentare"; per la felicità del marito, che ha trovato quella zuppa particolarmente dissetante. Per questo, "chi dice di essere tradizionalista bevendo pils, sbaglia: il vero tradizionalista beve birre a fermentazione spontanea".

Paolo Erne ha poi fatto una panoramica su "vari tipi di acido", come li ha definiti: dall'acido acetico, che caratterizza alcune birre belghe come le Rodenbach; quella lattica, che usa gli stessi bacilli dello yogurt e dona il caratteristico sapore tra l'adico e il dolciastro; e molti altri ancora, "ma non scadiamo nella biochimica, perché questa è una chiacchierata e non una lezione".

Ma come si fanno al giorno d'oggi le birre a fermentazione spontanea? E come gestire un processo in cui sono coinvolti anche 200 microrganismi - tra cui, credeteci o meno, quelli naturalmente presenti nelle fogne? Niente paura, ha assicurato Erne: "Dopo qualche giorno arriva il saccaromyces che la sterilizza. E' una lotta biologica". Poi arrivano i lactobacilli, che creano una muffa "che può spaventare chi non ha mai visto nulla di simile: ma il birraio preparato è felice, perché vuol dire che tutto sta egsuendo il suo corso". Finito il nutrimento per i lactobacilli, "arriva il brettanomyces cerevisiae, un altro lievito, che degrada gli ultimi zuccheri". In conclusione, ha ribadito Erne citando un noto detto belga, "il mosto lo fa il birraio, ma la birra la fa il lievito".

domenica 19 aprile 2015

Tra Veneto e Friuli

Naturalmente non possiamo non ricordare i birrifici che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale. Qui abbiamo Il Birrone, il cui mastro birraio Simone Dal Cortivo è stato insignito da Unionbirrai del titolo di birraio dell'anno 2015, e l'Acelum, che con la sua dark ipa Bela Lugosi si è aggiudicata il secondo gradino del podio per la sua categoria al concorso "Birra dell'anno": una scura dai toni profondamente amari e dalla luppolatura intensa e persistente, che sicuramente saorà affascinare gli amanti del genere. Ma merita indubbiamente una menzione anche la Freya, una special ale al farro dai toni delicati di fiori, miele e crosta di pane, e la berliner weisse "Sour Germana" - novità della casa - servita con succo di lampone aggiunto al momento, come da tradizione.

Tornando invece al Birrone, oltre alle classiche della casa - la pils Bruska, la bbock Punto G, la helles Keller, la blanche Heaven e la weiss Vai Zen - troviamo la novità della casa, la fruit sour Sax Alto; e rimanendo sempre nel vicentino - nonché nello stand accanto - si possono degustare la blonde ale Quinta, la english pale ale Enpaal e la amber ale Dama dell'agribirrificio Cerbeer.

Sempre in quella zona troviamo poi Birracrua, storicamente il primo microbirrificio ad aprire nel vicentino una quindicina d'anni fa: tra le diverse birre disponibili - dalla chiara alla ipa - merita una mezione la Montecrocetta, una bock dal colore ambrato aromatizzata al miele di castagno: una fusione di note dolciamare, perdonate il termine, tutto da provare.

Spostandoci verso il Friuli, oltre al celeberrimo Zahre - che esibisce la novità Ouber Zahre, una Apa dalle piacevoli note di crosta di pane - troviamo Villa Chazil, birrificio agricolo che usa materie prime proprie per la produzione: oltre alla lager e alla pale ale, tutta da provare è la bianca ai fiori di sambuco, fresca e dissetante anche grazie all'aggiunta di scorza di limone. Prosit!

sabato 18 aprile 2015

E' arrivato il prof

C'è chi l'ha soprannominato "Il prof della birra", chi sul serio si è presentato ai suoi esami indossando una maglietta della Guinness perché si era sparsa voce che fosse la sua preferita - sbagliato: tutti rimandati alla sessione successiva, o al massimo un 18 politico: fatto sta che Stefano Buiatti è un altro dei grandi nomi del panorama birrario triveneto, in quanto è a lui che si deve la creazione nel 2002 del primo impianto sperimentale per produrre birra in un ateneo italiano - nella fattispecie quello di Udine, dove tuttora tiene un corso di tecnologia della birra al dipartimento di scienze degli alimenti. Anche lui è arrivato a Santa Lucia per ben due appuntamenti, la conferenza "Il fenomeno dei birrifici artigianali" e il laboratorio "Dal campo al boccale".

Nel primo ha fatto il punto sulle prospettive del settore in Italia e in particolare nel Triveneto: un settore che oggi conta 840 imprese e che pare sfidare qualsiasi previsione in merito al punto di saturazione del mercato. Un mondo formato da imprese piccole - l'80% produce meno di 1000 ettolitri annui - e che, specie in un'area a forte vocazione imprenditoriale come il Nordest, vede l'espandersi del fenomeno delle beer firm: sistema secondo cui un birraio che intende intraprendere l'attività, ma non possiede ancora un impianto, si appoggia per la produzione ad un altro birrificio. "Prevedo che il il fenomeno continuerà a crescere ancora - ha concluso Buiatti -, e non azzardo nemmeno più stime della cifra a cui arriveremo o pronostici sulla data in cui ci si fermerà: abbiamo più di 5000 etichette in Italia, neanche il Belgio ne ha altrettante". Ma non è mancata nemmeno una panoramica sui metodi di produzione, il dialogo con i presenti per soddisfare le loro curiosità, tra cui quella sui conservanti "che la birra non contiene: la genuinità del prodotto birra va sottolineata", ha rimarcato. Non da ultima, la questione del prezzo elevato della birra artigianale e che può costituire un limite allo sviluppo per settore: "Non imputabile ai birrai -, secondo Buiatti -, che devono purtroppo confrontarsi con una situazione economica difficile e l'accisa che continua ad aumentare. Solo chi supera i 5000 ettolitri annui può iniziare a ridurre il prezzo".

Il laboratorio è stato invece un vero e proprio percorso in tutta la filiera di produzione, fino ad arrivare alla degustazione: "Perché per capire la birra devi prima sapere come si fa", ha sentenziato.

Tutti i sapori del Mastro Birraio, parte seconda

Già lo scorso fine settimana vi avevamo dato un assaggio - almeno virtuale - delle chicche gastronomiche di Mastro Birraio; eccellenze regionali in primo luogo, dato che l'Italia è uno dei Paesi dalla tradizione piuù ricca sotto questo profilo. Dopo la Campania e la Sicilia, il nostro tour nel meridione arriva in Puglia con uno stand che con il suo nome - Puglia Sapori - è tutto un programma: qui i fratelli Scalise portano le focacce tradizionali della loro regione aromatizzate e farcite nelle maniere più svariate - dalle olive, ai pomodorini, al formaggio; per non parlare degli altri prodotti tipici del tacco d'Italia, dai caprini, alle ricotte, ai salami, ai taralli di ogni sapore e foggia - inclusi quelli dolci al cioccolato. Uno stand tutto da scoprire e da assaggiare.

Se la vostra passione sono le focacce, poi, altra ottima opzione è una capatina in Liguria. Lo stand della regione offre le tipiche focacce genovesi, da quella alle patate e rosmarino a quella alle cipolle. La punta di diamante è però la tipica focaccia di Recco, la cui pasta non lievitata racchiude un cuore di stracchino: da assaporare calda, e occhio a non scottarsi la lingua.

Se la Romagna è presente in forze con le sue piadine, per par condicio ci vuole anche lo stand emiliano: qui si può assaggiare il tipico gnocco fritto, accompagnato dai salumi di Parma, per provare una tradizione forse non propriamente dietetica ma sicuramente assai gustosa. Se vi piace osare, poi, ci sono anche gli gnocchi dolci al cioccolato: letteralmente la fine del mondo, perché dopo di quelli davvero c'è il nulla.







E dato che le tradizioni culinarie travalicano anche i confini, non poteva mancare quella tirolese, comune all'Alto Adige e - appunto - al Tirolo. Lo stand offre i caratteristici pretzel, a fare da accompagnamento a goulasch, patate, wurstel crauti e affini: essendo un weekend non troppo caldo, diciamo che si può fare.




A riunire le tradizioni di diverse regioni italiane è infine la bruschetta, qui proposta dai simpatici ragazzi dello stand della "Bruschetta a metro" nelle versioni più fantasiose: cipolla di tropea, scamorza e pomodoro; crema di gorgonzola, prosciutto crudo e rucola; fino ai fagioli, salsiccia e formaggio, per i più intrepidi. Buon appetito!


Dal Lago di Garda al delta del Po

Come dicevamo ieri, il Triveneto è una delle zone in Italia a più alta "densità birraria": c'è quindi letteralmente l'imbarazzo della scelta, e anche fare una panoramica esaustiva diventa laborioso.

Partiamo dal Benaco 70 di Affi (Verona): proprio oggi, nello stesso giorno del secondo compleanno del figlio dei birrai - la premiata coppia Riccardo & Erica - fa due anni anche la loro Kolsch; da non perdere nemmeno la Ipa - che il Benaco brassa senza dry hopping come nell'antica tradizione inglese, facendola risultare meno aromatica e più amara -, la strong bitter - dalle note di caramello, di nocciola e di biscotto -, la Honey Ale - ottima la fusione tra il miele di castagno e il caramellato del malto che dà poi spazio ad un finale secco e amaro, che lascia la bocca soprendentemente fresca e pulita per una birra di questo genere - e la Porter, spinata a pompa, che vi soprenderà con i suoi intensi aromi di caffè.

Ad avere un nome che potrebbe sembrare tutto un programma è Birra Tempesta di Noale, di rigoroso stile britannico: si va dalla bitter "Secca", spinata a pompa come da ordinanza e dai sentori agrumati e di frutta tropicale; alla delicata Ipa "Nemesi", dalla persistenza resinosa e piacevolmente amara; alla strong ale "La Rocca", nata come birra di Natale con aggiunta di miele di tiglio, e poi tanto apprezzata da essere stata mantenuta anche oltre le feste. Ma ci sono anche la nera e la pale ale: e non vi diciamo altro, altrimenti vi roviniamo la sorpresa.

Arrivando poi sul delta del Po, e precisamente a Lendinara, troviamo Rattabrew: perché "di tipico in Polesine ci sono i ratti", come scherza il mastro birraio Mirko Borghesan. Sono nove le spine che il Rattabrew ha portato a Mastro Birraio, per altrettante birre tutte rigorosamente con nome femminile - eccetto la "Experimental grappa", una belgian brune maturata per otto mesi in botti di grappa nonché "chicca" del birrificio: si va dalla belgian wit Jessie White, birra al frumento dal curioso aroma speziato di pepe rosa che ritorna a fine sorso; alla Bernarda, belgian ale barricata anch'essa in botti di grappa, con aggiunta di albicocche; alla Francesca, una blanche all'ibisco e rosa canina, il cui nome è ispirato al celebre verso del sesto canto dell'inferno di Dante - protagonisti appunto Paolo e Francesca - "amor ch'al cor gentil ratto s'apprende". Quando la letteratura incontra l'ironia...

venerdì 17 aprile 2015

Tra collezionismo e storia

Il secondo fine settimana di Mastro Birraio si è aperto all'insegna della storia della birra. I più puntuali, che già alle 18 erano ai cancelli - e li hanno potuti varcare con bicchiere omaggio in mano - hanno potuto assistere all'apertura della mostra "La storia della birra tramite il collezionismo", curata dallo storico Michele Airoldi: oltre 500 pezzi tra bicchieri, sottobicchieri, locandine, targhe, etichette, e chi più ne ha più ne metta. "La mostra si pone due obiettivi - ci spiega Airoldi -: rivolgersi a chi già coltiva la passione collezionistica, aiutandolo a risolvere dubbi e perplessità; e allettare il profano, a cui la mostra fa  scoprire la bellezza e la cura con cui una volta si realizzavano gli oggetti pubblicitari, destando così il suo interesse e, perché no, la voglia di iniziare a collezionare". La mostra sarà sempre aperta negli orari di fiera, fino a due ore prima della chiusura: colleizonisti e curiosi potranno così approfittare della presenza di Airoldi per fare domande, ricevere consigli, delucidazioni e precisazioni. Utili soprattutto a capire che c'è differenza tra il semplice "raccogliere" e il collezionare, che presume una capacità di scegliere e di apprezzare gli oggetti e l'arte che sta loro dietro: "Un amore per la  bellezza", lo definisce Airoldi, "perché oggi non si fanno più pezzi così". E lo si può ben capire nel vedere le decorazioni di certe lattine, i menù scritti a mano delle birrerie dei primi del Novecento, o alcuni bicchieri e sottobicchieri che sono di fatto dei pezzi unici perché non si ha notizia di altri esemplari dello stesso genere.

Una così ampia collezione di oggetti è indubbiamente prova che la birra ha una sua storia: una storia di cui è stato testimone - almeno dagli anni Cinquanta in poi - Tullio Zangrando, che dopo due lauree in tecnologia birraria a Weihenstephan in Germania e al Politecnico di Milano ha intrapreso una lunga carriera che l'ha portato a ricoprire la carica di direttore tecnico alla Dreher, Pedavena e Moretti - basti dire che la "Baffo d'Oro" è una suia creazione - , quella di responsabile della costruzione dello stabilimento a San Giorgio di Nogaro che oggi ospita la Castello, e infine di consulente tecnico di Pedavena e Theresianer. Insomma, Zangrando ha letteralmente vissuto un pezzo di storia dei birrifici e delle birerre del Triveneto, e infatti oggi è a Santa Lucia per raccontarla e parlare della qualità delle birre prodotte. "Pur non esistendo una stile birario tipico di questa Regione - spiega Zangrando - esiste però una lunga storia e tradizione ad esso legata, che ancora prosegue":  una storia che affonda le sue radici ai temi dell'imperatrice Maria Teresa, con i primi birrifici e birrerie nel 1776 a Trieste, passa per nomi come Forst e Dormisch e per altri ancora di cui nemmeno si hanno notizie storiche precise  ma di cui ci rimangono le bottiglie, e che arriva ad oggi con gli oltre 40 microbirrifici della zona. Qui a Santa Lucia ce ne sono praticamente la metà: che aspettate?

domenica 12 aprile 2015

Il birrificio dell'anno

Certo a Mastro Birraio tutti i birrifici sono di qualità, ma ce n'è uno che può fregiarsi del titolo di Birrificio dell'Anno 2015: Birra del Borgo, che ha raggiunto il prestigioso traguardo al concorso di Unionbirrai a Rimini. Lo stand a Santa Lucia non si distingue soltanto per le birre disponibili, ma anche per l'originalità dell'allestimento: una sorta di grande lavagna scarabocchiata, da cui spuntano le spine.

L'originalità poi si riflette anche nella produzione: Birra del Borgo significa birre fuori stile, o quantomeno reinterpretazioni degli stili classici. A chi di voi, ad esempio, è mai capitato di assaggiare una imperial pils? Tale è la My Antonia, che rivela una straordinaria intensità soprattutto in quanto a luppolatura con ben 60 minuti di dry hopping. O un'insolita belgian strong ale come la Ducale, una rosa di sapori tra il tostato e la frutta secca? Le più gettonate paiono comunque essere l'intramontabile ipa ReAle, e la Duchessa al farro; senza dimenticare le particolarità come la Genziana, dai toni amari tipici di questa radice.

E in quanto a particolarità, non si può non citarne una nata in collaborazione tra Croce di Malto e Montegioco: la “Ma che belle Gose”, stile originario della Germania e poco noto in Italia, caratterizzato da un'acidità che si accompagna ad una punta di sale e inaspettatamente dissetante. Affrettatevi: avete tempo fino a questa sera alle 22...

Tutti i sapori del mastro birraio

Come molti di voi già sapranno, a dispetto del nome Mastro Birraio non è solo acqua, orzo maltato, luppolo e lievito: una birra è molto più piacevole se abbianata sapientemente ad un buon piatto della tradizione culinaria italiana, e a Santa Lucia non mancano le golosità da tutto il nostro Paese.

La prima ad attirare l'attenzione grazie alla sapiente disposizione di babà, zeppole e dolci al cioccolato è la pasticceria e caffetteria napoletana: in pochi posti al di fuori del capoluogo partenopeo si può provare un caffè così, "come lo faceva la mia nonna, con la crema montata con lo zucchero". Tocco di classe è il cucchiaino di cioccolato da intingere in suddetta crema: descrivere la sensazione del cioccolato che si scioglie in bocca a contatto col calore del caffè sarebbe tempo sprecato, meglio che andiate a provare.

Lì accanto poi trovate Yoggy, una delizia di colori e di sapori tra frozen yogurt, waffle - secondo un'originale ricetta abruzzese, che usa olio extra vergine d'oliva al posto del burro - e crèpres. Soprattutto quelle, vedere per credere, allo yogurt: la crema viene spalmata su una piastra così fredda da farla diventare immediatamente semisolida e malleabile, nonché guarnibile a piacerce con creme al cioccolato, alla nocciola o alla frutta, granella di nocciole e cioccolato, meringa ed altre tentazioni.

La cosa più divertente a vedersi in corso di preparazione sono probabilmente le patate fritte a rotella: un curioso marchingegno ricava da ciascuna singola patata una sorta di vite, di sfoglia sottilissima, che viene poi fritta fino a raggiungere la giusta croccantezza. Anche se non amate il fritto, vale la pena se non altro per la curiosità.

Agli amanti del fritto suggeriamo inoltre l'arancino di Montalbano: il vero originale siciliano in tutte le sue versioni, da quello al burro a quello ripieno di carne, accompagnato da mozzarelle in carrozza ed altre prelibatezze della regione. Non mancano naturalmente gli imprescindibili cannoli, disponibili nello stand accanto.

Anche i birrifici comunque si cimentano ai fornelli: il Bad Guy propone infatti i brownies alla Foxy Lady, una California Common Beer, stile piuttosto raro da trovare in Italia e ispirato alle birre americane dell'epoca dei pionieri e dei primi nel Novecento. Un modo interessante di unire l'eccellenza nel piatto a quella nel bicchiere...

sabato 11 aprile 2015

Un pomeriggio con Kuaska


E' uno degli ospiti più attesi della Fiera: Lorenzo Dabove, meglio noto come Kuaska, è arrivato oggi a Santa Lucia. Due gli appuntamenti con il pubblico: la conferenza “Il momento magico della birra artigianale in Italia”, e la degustazione “birre artigianali a km zero”.

Lo andiamo ad accogliere in stazione a Conegliano, e nel pur breve viaggio verso Santa Lucia intavoliamo un discorso sulla birra artigianale nel nostro Paese. “A me chiedono sempre com'è che in Italia abbiamo ormai quasi 900 birrifici – racconta -: siamo tutti birrai in Italia? Abbiamo scuole, università, o altri corsi di formazione?”. Indubbiamente ci sono, dagli atenei di Udine e Perugia, a corsi organizzati da enti come Dieffe: “Ma soprattutto abbiamo un forte movimento di homebrewing, anche nel Triveneto – afferma -: ed è da lì che la maggior parte dei nostri birrai esce”.

Un fenomeno che arriva dal basso, dunque, e che è in crescita: “Già qualche anno fa c'era chi profetizzava che fossimo ormai arrivati al punto di saturazione del mercato – ricorda -, invece continuano a nascere nuovi birrifici: credo di possa essere ancora spazio”. Certo, però, bisogna sapersi distinguere dalla massa: “Oggi ad avere successo è soprattutto chi sa gestire il processo di fermentazione e maturazione – osserva -: come mi ha detto un birraio, fare la birra è semplice, basta schiacciare un paio di bottoni e tirare qualche leva. Ma, come recita un detto belga, il mosto lo fa il birraio, la birra la fa il lievito: ed è lì che si vede la differenza”. Insomma, il punto non è come fai la cotta, ma che cosa te ne fai dopo.

Questo fiorire dei birrifici artigianali ha portato anche ad una moltiplicazione degli stili: a certi concorsi se ne contano oramai una cinquantina, e sono in molti a criticarlo come un eccesso. E' il caso di ridimensionare la cosa? “In realtà, nei concorsi vedo che questa moltiplicazione ha favorito l'emergere dell'eccellenza – controbatte Kuaska -: molti birrifici di pregio sono riusciti ad arrivare al successo appunto perché hanno saputo iscrivere la propria birra di punta nella categoria giusta. Per questo suggerisco: mirate direttamente in alto, a concorsi internazionali, e non alle mezze tacche”.

In quanto poi alla diffusione della birra artigianale nella ristorazione, con una dignità pari a quella del vino, Kuaska si dice ottimista: “C'è ancora molto lavoro da fare, ma si comincia ad intravvedere qualcosa. E intravvedere è il primo passo per vedere”.

Dal pomelo allo zenzero, tutti i sapori della birra

Se c'è una cosa che di sicuro non manca ai birrifici artigianali è l'originalità: i mastri birrai amano sperimentare e osare, con risultati tutti da provare. E' il caso del birrificio L'Inconsueto di Busto Arsizio, dalle cui spine escono birre alla cannella, al miele, e molti altri sapori: l'ultima novità è quella al pomelo, agrume forse poco conosciuto ma assai dissetante, che dona una nota di freschezza a questa birra senza soverchiarne il sapore.

Ancora di più osano i birrai del genovese La Superba, un nome che è tutto un programma: a testimoniare il legame con la terra ligure nostri ragazzi propongono birre con miele millefiori o pteli di rosa della Valle Scrivia, farina di castagne, basilico della riviera ligure e molto altro ancora. Provare per credere: soprattutto la lager al basilico, che lascia la bocca pulita e fresca come poche.

Osano invece in quanto a genere, ancor più che in quanto a ingredienti, i giovani del Palabrauhaus - "Phb, è più breve", ci tengono a specificare -: il loro parco birre vanta infatti una Berliner Weisse, la più acida tra le acide, addolcita però da sciroppo di lampone. Segnatevi il nome, Lapponia, perché varrà la pena rischiare.

Sempre nel campo delle acide rimane la novità del Birrificio Pentra, battezzata semplicemente Sour Beer - "birra acida" -: una birra che i birrai ammettono essere nata quasi per sbaglio, ma che poi è stata lo spunto per questa creazione dal peculiare retrogusto agrumato che la rende particolarmente adatti a "ripulire" la bocca da sapori forti - tanto che uno dei nomi proposti era "reset". Altra novità di casa Pentra è la Herenta, dal nome della dea del raccolto, una golden ale dalle calde note di nocciola.

Si esprime invece tutta la creatività femminile nel birrificio Jeb, con la mastra birraia Chiara Baù: in occasione del Natale sono infatti arrivate manco a dirlo - la Stella e la Cometa, la prima un'ambrata dagli intensi aromi di zenzero che lasciano poi il posto al dolce della vaniglia, e la seconda una Belgian ale ai quattro cereali. Tutte da provare, anche se ormai siamo oltre Pasqua; così come la Brulé, aromatizzata con le spezie caratteristiche del vin brulé, e la Maja al miele di rododendro, che Chiara definisce "la chicca" del birrificio.

E questi sono soltanto cinque dei venti birrifici presenti: per scoprire gli altri rimanete sintonizzati...o, ancor meglio, venite a trovarci a Santa Lucia oggi dalle 16 all'1 e domani dalle 10 alle 22!

venerdì 10 aprile 2015

I primi mille bicchieri

No, non stiamo parlando di quelli che io, umile curatrice di questo blog, mi sono bevuta questa sera; ma di una delle novità del 2015, ossia i bicchieri i vetro che i prime mille visitatori ricevono ogni venerdì. E oggi, nella giornata di apertura, ne abbiamo interpellati alcuni...

Ci sono Giacomo, Luca e Marco, che a dire il vero il bicchiere lo stanno risciacquando con l'acqua: "Siamo qui dalle sette - raccontano -, siamo arrivati in ritardo, accidenti....". Eh già, la Fiera si era inaugurata un'ora prima. Il fatto comunque che il bicchiere lo stiano sciacquando significa che qualcosa hanno già bevuto: "La nostra preferita è "'Na biretta" - affermano concordi -, birrificio di Latina. Infatti è lì che stiamo tornando".... I tre, peraltro, sono dei veterani: "Siamo venuti sin dalla prima edizione - dicono con orgoglio -, e ancora torneremo".

Ad arrivare per la prima volta è invece Simone, anche lui con in mano il bicchiere dei primi mille, ma ancora un po' disorientato: "Ehm, veramente non ricordo il nome del birrificio da cui l'ho presa...però è buona!". Ad invitarlo è stato un amico inglese appassionato di ale: invito graditissimo, conferma Simone, che parte per una seconda birra con il buon proprosito di ricordarsi il nome.

Non mancano naturalmente le coppie, come Lorenzo e Chiara - che però non vuole essere fotografata, in un impeto di timidezza. Mentre assaporano le delizie della cucina pugliese, lui racconta di essere sì qui per la prima volta, ma comunque già un intenditore: ama soprattutto le stout, anche se nel bicchiere ha una helles. La stout invece la sta bevendo lei, che, più digiuna in materia, segue le orme del partner.

Insomma, la fiera è decisamente per tutti: la corsa ai primi mille bicchieri continua venerdì prossimo....