sabato 11 aprile 2015

Un pomeriggio con Kuaska


E' uno degli ospiti più attesi della Fiera: Lorenzo Dabove, meglio noto come Kuaska, è arrivato oggi a Santa Lucia. Due gli appuntamenti con il pubblico: la conferenza “Il momento magico della birra artigianale in Italia”, e la degustazione “birre artigianali a km zero”.

Lo andiamo ad accogliere in stazione a Conegliano, e nel pur breve viaggio verso Santa Lucia intavoliamo un discorso sulla birra artigianale nel nostro Paese. “A me chiedono sempre com'è che in Italia abbiamo ormai quasi 900 birrifici – racconta -: siamo tutti birrai in Italia? Abbiamo scuole, università, o altri corsi di formazione?”. Indubbiamente ci sono, dagli atenei di Udine e Perugia, a corsi organizzati da enti come Dieffe: “Ma soprattutto abbiamo un forte movimento di homebrewing, anche nel Triveneto – afferma -: ed è da lì che la maggior parte dei nostri birrai esce”.

Un fenomeno che arriva dal basso, dunque, e che è in crescita: “Già qualche anno fa c'era chi profetizzava che fossimo ormai arrivati al punto di saturazione del mercato – ricorda -, invece continuano a nascere nuovi birrifici: credo di possa essere ancora spazio”. Certo, però, bisogna sapersi distinguere dalla massa: “Oggi ad avere successo è soprattutto chi sa gestire il processo di fermentazione e maturazione – osserva -: come mi ha detto un birraio, fare la birra è semplice, basta schiacciare un paio di bottoni e tirare qualche leva. Ma, come recita un detto belga, il mosto lo fa il birraio, la birra la fa il lievito: ed è lì che si vede la differenza”. Insomma, il punto non è come fai la cotta, ma che cosa te ne fai dopo.

Questo fiorire dei birrifici artigianali ha portato anche ad una moltiplicazione degli stili: a certi concorsi se ne contano oramai una cinquantina, e sono in molti a criticarlo come un eccesso. E' il caso di ridimensionare la cosa? “In realtà, nei concorsi vedo che questa moltiplicazione ha favorito l'emergere dell'eccellenza – controbatte Kuaska -: molti birrifici di pregio sono riusciti ad arrivare al successo appunto perché hanno saputo iscrivere la propria birra di punta nella categoria giusta. Per questo suggerisco: mirate direttamente in alto, a concorsi internazionali, e non alle mezze tacche”.

In quanto poi alla diffusione della birra artigianale nella ristorazione, con una dignità pari a quella del vino, Kuaska si dice ottimista: “C'è ancora molto lavoro da fare, ma si comincia ad intravvedere qualcosa. E intravvedere è il primo passo per vedere”.

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