E' uno degli ospiti più attesi della
Fiera: Lorenzo Dabove, meglio noto come Kuaska, è arrivato oggi a
Santa Lucia. Due gli appuntamenti con il pubblico: la conferenza “Il
momento magico della birra artigianale in Italia”, e la
degustazione “birre artigianali a km zero”.
Lo andiamo ad accogliere in stazione a
Conegliano, e nel pur breve viaggio verso Santa Lucia intavoliamo un
discorso sulla birra artigianale nel nostro Paese. “A me chiedono
sempre com'è che in Italia abbiamo ormai quasi 900 birrifici –
racconta -: siamo tutti birrai in Italia? Abbiamo scuole, università,
o altri corsi di formazione?”. Indubbiamente ci sono, dagli atenei
di Udine e Perugia, a corsi organizzati da enti come Dieffe: “Ma
soprattutto abbiamo un forte movimento di homebrewing, anche nel
Triveneto – afferma -: ed è da lì che la maggior parte dei nostri
birrai esce”.
Un fenomeno che arriva dal basso,
dunque, e che è in crescita: “Già qualche anno fa c'era chi
profetizzava che fossimo ormai arrivati al punto di saturazione del
mercato – ricorda -, invece continuano a nascere nuovi birrifici:
credo di possa essere ancora spazio”. Certo, però, bisogna sapersi
distinguere dalla massa: “Oggi ad avere successo è soprattutto chi
sa gestire il processo di fermentazione e maturazione – osserva -:
come mi ha detto un birraio, fare la birra è semplice, basta
schiacciare un paio di bottoni e tirare qualche leva. Ma, come recita
un detto belga, il mosto lo fa il birraio, la birra la fa il lievito:
ed è lì che si vede la differenza”. Insomma, il punto non è come
fai la cotta, ma che cosa te ne fai dopo.
Questo fiorire dei birrifici
artigianali ha portato anche ad una moltiplicazione degli stili: a
certi concorsi se ne contano oramai una cinquantina, e sono in molti
a criticarlo come un eccesso. E' il caso di ridimensionare la cosa?
“In realtà, nei concorsi vedo che questa moltiplicazione ha
favorito l'emergere dell'eccellenza – controbatte Kuaska -: molti
birrifici di pregio sono riusciti ad arrivare al successo appunto
perché hanno saputo iscrivere la propria birra di punta nella
categoria giusta. Per questo suggerisco: mirate direttamente in alto,
a concorsi internazionali, e non alle mezze tacche”.
In quanto poi alla diffusione della
birra artigianale nella ristorazione, con una dignità pari a quella
del vino, Kuaska si dice ottimista: “C'è ancora molto lavoro da
fare, ma si comincia ad intravvedere qualcosa. E intravvedere è il
primo passo per vedere”.
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