domenica 1 novembre 2015

Artigianale sì, artigianale no

Quali i requisiti perché una birra venga definita artigianale? E perché per la legge italiana non è possibile usare questa definizione in etichetta? A chiarire tutte le questioni è stato Paolo Erne nel suo incontro "artigianale si, artigianale no". "Uno di requisiti della produzione è la riproducibilità - ha affermato -. Ma mentre le birra industriale è come se facesse una fotografia, perché è sempre uguale, quella artigianale è come se facesse un ritratto: ogni pittore lo fa diverso, e ciascun pittore dipinge sempre in maniera diversa".

Certo il processo della produzione artigianale implica costi più alti, sia i  termini di materie prime che di manodopera;  il problema reale "rimane comunque la rete di distribuzione, su cui l'artigiano non può competere con l'industria". Occhio quindi alle campagne pubblicitarie spesso ingannevoli: "Che cosa vuol dire, come alcuni reclamizzano, che una birra ha otto luppoli? Assolutamente nulla, se non so che luppoli sono e i che quantità sono stati usati".

La birra artigianale sta comunque conquistando notevoli quote di mercato, per cui le industrie hanno lanciato le birre "crafty", simil industriali: "Ma l'italiano non è scemo, e si è reso conto che era un bluff". Il mercato della birra industriale in Italia è diminuito, ma tuttavia la quota delle artigianali in Italia è ancora bassa, attorno al 2,5% del totale, con 900 microbirrifici a livello nazionale. "Il mercato si è calmierato,  però vi invito a pende una birra industriale e lo stesso tipo di birra artigianale: anche aggungendo acqua, vedrete che quest'ultima conserva comunque maggior potere".

Paolo Erne è ancora qui, a parlare di come mai in Italia sono nati così tanti microbirrifici : che aspettate a raggiungerci?

sabato 31 ottobre 2015

È arrivato Kuaska

È arrivato di corsa, infilando in tutta fretta una maglietta della Fiera e un cappello: ed è ora tra noi Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, per tenere il suo "One man show". Inutile cercare di definire quale sia il filo conduttore del suo intervento: il celebre critico è partito a braccio raccontando le sue esperienze passate nel mondo birrario, dalle sue conoscenze con i birrai friulani - da Zahre a Foglie d'Erba - alle sue esperienze come giornalista, prima di darsi in toto al mondo della birra. Una carriera da giudice birrario iniziata con "le dimissioni dal giornale in cui lavoravo firmate non dico sulla carta da salumiere, ma quasi", e con un primo concorso in quel di Stoccolma in cui "grazie all'Alitalia, sono arrivato che già stavano premiando": ma che, a quanto pare, è poi proseguita alla grande.

Kuaska è poi passato al tema dell'abbinamento birra - cibo, in cui "noi italiani siamo maestri"; però "a dettare legge in questo campo sono gli inglesi egli americani". Essere italiano, peraltro, "per un assaggiatore di birre è pazzesco: c'è un lato negativo che è quello istituzionale, perché i nostri birrai passano metà del loro tempo a compilare moduli; e c'è un lato positivo, perché una cultura del cibo come la nostra non ce l'ha nessuno. Mia madre ha problemi di salute, però continua a parlare di che cosa fare per pranzo come se nulla fosse".

Tantissimi gli aneddoti curiosi raccontati, soprattutto riguardo ai suoi rapporti con i grandi nomi della critica birraria internazionale; così come ampie sono state le dotte dissertazioni sulla storia della birra - soprattutto sulla comparsa dei luppoli americani negli anni 80, "una rivoluzione" - ai più recenti sviluppi del mercato, con la formazione del colosso InBev - Sab Miller. Il tutto, come già detto, senza soluzione di continuità, ma passando da un argomento all'altro a seconda di dove l'argomentazione lo portava.

Kuaska non ha mancato di ricordare la sua frase preferita, ossia che "non esiste la birra, esistono le birre"; nonché l'importanza dell'avverbio "finora", perché in futuro non si sa mai. Ha poi ripercorso come è nata la sua passione per la birra, ai tempi in cui per studio faceva il pendolare tra Milano e la Liguria. "In  un negozio avevano creato un angolo con le specialità estere, tra cui le birre inglesi - ha ricordato -. Ne ho portata a casa una, e mi sono stupito del fatto che aveva uno strano colore marrone". Dalla scoperta delle birre diverse dalle bionde, ad una carriera di giudice e critico.

Kuaska,  comunque, sta ancora proseguendo la sua dotta dissertazione, e temo che ne avrà ancora per molto: siete ancora in tempo a raggiungerci...

Le golosità della Fiera

Naturalmente, una buona birra va accompagnata con altrettanto buon cibo: e infatti a Pordenone non mancano le golosità da tutto il Bel Paese e oltre, sia dolci che salate.
Partendo - in ordine rigorosamente casuale - dalla Liguria, troviamo diverse opzioni: il banco della pasta con le trofie al pesto e i pansotti - una pasta ripiena di ricotta e spinaci - con formaggio e noci, e una lunga lista di focacce - tra cui la tipica focaccia di Recco, dalla pasta morbida non lievitata e stracchino. I baldi giovani butteranno al momento la pasta nell'acqua bollente, e nel giro di pochi minuti vi serviranno: più fresco di così non si può. Anche le focacce vengono servite calde, così da esaltare tutta la loro fragranza.

Per gli amanti delle focacce, poi, ci sono anche i sapori della Puglia: ai pomodorini, alla cipolla, semplici o ripiene con formaggio, prosciutto e verdure; senza dimenticare la ricca serie di formaggi tipici e i taralli sia dolci che salati, con una girandola di sapori che va dal cacio e pepe, al peperoncino, al limone, alla cannella.

Cambiando del tutto genere, passiamo allo gnocco fritto Emiliano: Paolo e Salvatore preparano con maestria una pasta sottilissima in varie fogge e dimensioni, che friggono fuori dal padiglione e servono ancora calda. Ottima nella versione salata, accompagnata dai salumi tipici emiliani; ma anche in quella dolce, per i più golosi.

E parlando di dolci, non possiamo non citare la pasticceria Sessa direttamente da Napoli: dall'originalissimo caffè con il cucchiaino di cioccolato, alle pastiere, alle zeppole, ai babà, alle sfogliatelle, fino ad un'incursione nella tradizione siciliana con cannoli e cassatine, ce n'è per soddisfare tutti i palati.

E questi sono solo alcuni degli stand: perché dall'hamburger di chianina, alla costata, agli arrosticini, alla mortadella di Ariccia, alle bruschette in tutte le fogge, ai pretzel tirolesi, al frozen yogurt, davvero non manca nulla. Vi aspettiamo oggi dalle 16 all'1 e domenica dalle 10 alle 22!

venerdì 30 ottobre 2015

Un saluto da Kuaska

Arriverà domani, ma intanto saluta e dà il benvenuto: Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, vera e propria celebrità nel mondo della birra italiano, conferma la sua amicizia che lo ha sempre legato alla Fiera di santa Lucia di Piave non mancando nemmeno a Pordenone. Questa volta, peraltro, con un incontro pensato specificatamente per incontrare i visitatori in un dialogo tra amici, aperto a tutti possibili fili conduttori, sia su iniziativa sua che su domande del pubblico: "Voglio spaziare a 360 gradi - assicura -: dagli aneddoti curiosi sulla mia esperienza, alle considerazioni su quello che è attualmente il panorama dei birrifici artigianali, ai contributi di chi vorrà intervenire. Assolutamente nessun pregiudizio né limite alla chiacchierata". Naturalmente, supponiamo, qualche idea in testa ce l'avrà: anche perché, conoscendo le sue doti tra l'oratorio e l'istrionico, c'è da scommetterci. Non per niente l'ha chiamato "one man show", per cui non c'è che da mettersi comodi e godersi lo spettacolo. Dato però che lui non vuole anticipare altro, non vi resta che venire in fiera domani alle 19...vi aspettiamo!

Un saluto da Teo Musso

"Faccio i miei auguri più sinceri e sentiti, perché davvero avrei voluto essere presente: ci tenevo ad esserci per la prima Fiera della birra artigianale del Friuli Venezia Giulia, e prendere parte alla nascita di questo fermento. Purtroppo non ce l'ho fatta, ma vi mando con piacere le mie birre e i miei collaboratori". Così Teo Musso, fondatore del birrificio Le Baladin - era il "lontano" 1996 - e pioniere del movimento della birra artigianale in Italia, saluta i visitatori della Fiera di Pordenone, nell'augurare un buon inizio per il secondo weekend. Weekend in cui saranno appunto presenti le sue birre, servite dai suoi fidi collaboratori: "Avremo tutte le classiche alla spina - assicura Elio - , alternandole tra lei sei vie a disposizione: dalla pioniera Isaac, alla celebre Super ispirata alle birre d'abbazia, fino alla Nazionale, la prima birra ad essere prodotta unicamente con materie prime italiane". Se poi venite con i bambini o dovete guidare, non c'è problema: Balaqdin porta anche le sue bibite d'eccezione, dalla Cola prodotta usando le noci di cola del Presidio Slow Food della Cola in Sierra Leone - e fornendo così anche un sostegno diretto agli agricoltori locali - al Ginger - infuso d’erbe e scorze di arancia amara e dolce del Gargano IGP, spezie e vaniglia.

In più, ci saranno delle degustazioni gratuite a sorpresa nel corso del weekend: Elio non anticipa nulla, ma lascia intendere che tra queste ci potrebbe essere quella del celebre barley wine Xyauyù, la "Birra da divano" barricata in botti di Madeira,  rum o whisky a seconda delle versioni - Oro, Barrel e Fumé. Che aspettate? Si riapre questa sera alle 18 per un weekend tutto da bere - con giudizio, naturalmente, ma da bere. Perché la birra è un piacere da (de)gustare.

domenica 25 ottobre 2015

I protagonisti: i birrifici

Non abbiamo però ancora parlato dei veri protagonisti della fiera, ossia i birrifici: che sono di fatto più di venti, in quanto alcuni stand ospitano le creazioni di più di un mastro birraio. Andando in senso antiorario partendo dalla vostra sinistra, per primo troverete Matilde e Norberto che saranno felici di offrirvi le birre di Toccalmetto, Ducato e Foglie d'Erba - tra cui la ipa Hopfelia con la nuova ricetta; mentre più avanti troverete l'Inconsueto, che ha come punta di dimanate la sua ipa Speciale in cui spiccano i luppoli da amaro, come da antica ricetta inglese. Proseguendo ancora troviamo Zahre, con la ultima nata della casa, la Apa, dai toni vellutati ed equilibrati in un gioco tra luppoli e malti; il Jeb, con la nuova versione roasted dell'ambrata ai tre cereali Cometa; e il Theresianer, con il c
ollaudato parco birra elaboirato da un maestro del calibro di Tullio Zangrando.

Proseguendo ancora arriviamo al birrificio San Biagio, che come punto di forza porta la Monasta - un'ambrata con miele e alloro -; e quindi il San Gabriel, la cui specialità è la rossa al radicchio, in omaggio al territorio trevigiano in cui il birrificio ha sede. Stand collettivo invece per Opperbacco, La Casa di Cura, Bibibir e Big Hop, che insieme offrono ben dieci possibilità su altrettante spine - insomma, almeno una del vostro genere c'è di sicuro.

Venendo all'altro lato del padiglione troviamo il rappresentante "locale", Valscura di Sarone: da provare la Kaos in nuova ricetta, una rossa a bassa fermentazionein cui i toni caramellati arrivano ad accarezzare il palato. Lungo lo stesso lato troviamo poi - mettendoli insieme per amor di praticità - i tre agribirrifici presneti in Fiera: San Giorgio, Villa Chazil e Padus Cerevisiae. Birrifici che utilizzano oltre la metà di materie prime proprie per la produzione, rendendo così tangibile in cooncetto per cui "la birra è un prodotto della terra".

Poco distante troviamo anche le presenze estere, con Chimay dal Belgio, Aviator, Manzanita, Black Diamond e ShipYard dagli Usa, e Bad Attitude dalla Svizzera; senza dimenticare la disponibilità di birre trappiste in bottiglia, come la Orval che vedete nella foto.

Tornando in Italia, oltre al già citato Birrone troviamo Sognandobirra - anche qui il suggerimento è quello di provare una delle loro nuove ricette, la brown ale -, il Benaco 70 - idem, ma questa volta per la strong bitter - e una delle new entry del panorama birrario del Nordest, Mr Sez: fatevi tentare dalla Penelope, la imperial stout spillata a pompa come tradizione inglese comanda. Ottima anche per un birramisù, come la moglie del birraio conferma...

Home sweet home...brewing

Il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni in cui è maggiore la presenza di homebrewers, ossia di persone che fanno la birra in casa: per questo assume una particolare importanza l'incontro che terrà oggi alle 18 René Vacilotto, homebrewer di decennale esperienza, dal titolo "La birra che non ti aspetti". Vacilotto condurrà i partecipanti alla scoperta di come fare la birra in casa,  toccando con mano ingredienti e strumenti, rivolgendosi non solo a chi intende cimentarsi in quest'opera o già lo fa, ma anche ai semplici curiosi. Lo abbiamo raggiunto prima dell'inizio del laboratorio, per ottenere qualche anticipazione...

Che significato ha tenere un incontro di questo genere in una regione in cui l'homebrewing è così diffuso?
Innanzitutto diventa un'occasione per confrontarsi, per vedere se anche altri sono interessati a capire e a partecipare. Essendo la prima edizione è anche una sorpresa, sono curioso di vedere la risposta del pubblico, che sono certo sarà calorosa. 

Come è nata la tua passione per l'homebrewing?
Sostanzialmente per caso, dieci anni fa. Non ero un appassionato né tantomeno un intenditore, semplicemente ho visto un mio collega fare la birra in casa e mi è piaciuta un sacco. E continuo tuttora con grande soddisfazione a portare avanti questa scoperta casuale.

Che cosa vuoi dire a chi verrà questa sera a Pordenone?
Di venire a vedere, perché qualche argomento di vostro interesse lo troverete sicuramente. Sia che siate solo curiosi, sia che vogliate intraprendere la carriera di homebrewer.

Che dire allora...vi aspettiamo alle 18 in Fiera a Pordenone!

sabato 24 ottobre 2015

È tornato il professore

È uno degli ospiti affezionati della Fiera della birra artigianale Mastro Birraio: e così come non ha mai fatto mancare la sua presenza a Santa Lucia, tanto meno è voluto mancare a Pordenone. Anche perché,  ha affermato, "da tempo auspicavo che ci fosse un evento del genere in Friuli Venezia Giulia.  Perché questa non è solo la regione del vino, ma anche della birra".

Nel suo laboratorio "Dal campo al bicchiere", Buiatti è  partito infatti dalla storia brassicola della regione; e più nello specifico da Udine, dove erano presenti ben  due birrifici - Dormisch e Moretti. "E dove la trovate un'altra città con due birrifici? Forse in Austria", ha osservato,  per dimostrare che Udine può a buon diritto definirsi "città della birra". Senza contare che il Friuli Venezia Giulia "è la regione con il più alto numero di birrerie per abitante". Nonché di birrifici, che però nel caso italiano "più che microbirrifici sono nanobirrifici": degli oltre mille che si contano attualmente,  infatti, la grande maggioranza produce meno di mille ettolitri all'anno, con uno scarto enorme tra grandi e  piccoli produttori.

Buiatti ha proseguito illustrando l'intera filiera - "dal campo al bicchiere", appunto - in un percorso che ha portato i partecipanti a scoprire i segreti della produzione della birra, dai cereali utilizzati fino alla classificazione di diversi stili e alle disposizioni legislative che riguardano la birra. "La birra è, a tutti gli effetti, un prodotto della terra come il vino - ha affermato -, ma il consumatore ancora non la percepisce come tale. La vede spesso come il risultato di un processo industriale, quasi fosse una bibita". Osservazioni "pesanti", ma che fanno risaltare ancora di più l'importanza dell'informazione - e della formazione - del consumatore.

Tante le curiosità: dalla denominazione lager per le basse fermentazioni, che significa magazzino - ad indicare il fatto che venivano fatte maturare nelle cantine; all'origine del nome pils, dalla città Ceca di Plzen; per concludere poi con la degustazione, introdotta dalla dottoressa Favotto dell'università di Udine, in cui sono state abbinate birre e salumi - tutti DOP e igp. "Gli abbinamenti hanno lo scopo di trarre il massimo piacere da ciò che stiamo mangiando e bevendo", ha affermato; ed ha poi illustrato l'accostamento tra prosciutto crudo di Parma e di lager di Villa Chazil, pancetta piacentina e rossa al radicchio di San Gabriel, coppa piacentina e rossa Vienna di Zahre, mortadella Bologna e Rudolf di Bad Attitude. Tutti salumi tagliati al momento, così da conservare al meglio le loro caratteristiche, e birre di qualità ed abbinate con sapienza: che cosa si può chiedere di meglio, in quanto a "trarre il massimo piacere"?

Due chiacchiere con il birraio dell'anno

Che sia lui o che non sia lui? Ma certo che è lui,  in carne ed ossa : Simone Dal Cortivo,  birraio dell'anno 2014 per Fermento Birra, titolare de Il Birrone, è arrivato di persona alla fiera della birra artigianale di Pordenone. Un privilegio che, dati i molti oneri arrivati insieme ai molti onori, non riesce a riservare a molti; ma qui non è voluto mancare, e così ieri tutti coloro che hanno presenziato all'apertura hanno avuto l'occasione di degustare una birra insieme a lui.



Farsi illustrare una creazione dal suo creatore è sempre e comunque un'esperienza interessante, e tanto più lo è se il creatore è di questo calibro; perché, diciamocelo, se sia lui che le sue birre continuano a ricevere premi da Unionbirrai, Fermento Birra, Slow Food ed altri ancora un motivo ci sarà. Del resto, il parco birre che offre il Birrone è sufficientemente vasto da coprire tutti i gusti: si va dalla classica pils con la Brusca, alla Mortisia con le castagne, alla weizen bock Cibus che nel suo medagliere vanta il titolo di Birra quotidiana della guida Slow Food, fino alla bock ambrata Punto G - un nome, un programma.

Con Simone beviamo la Heaven, una blanche, che con la sua controparte a bassa fermentazione Hell - giustamente - si è aggiudicata la medaglia d'oro 2015 a Birra dell'anno. Simone tiene a sottolineare che è "una blanche volutamente secca, grazie al coriandolo a fine bollitura": tanto che coniamo scherzosamente la definizione di "late coriandoling ", tra le risate ddgli astanti. In generale poi, afferma Simone, "lo stile del Birrone si ispira all'equilibrio e alla sobrietà: anche gli stili più forti e caratterizzati devono comunque rimanere piacevoli e non aggressivi alla beva. Tieni, assaggia questa Rauch". In effetti si tratta di un affumicato che quasi accarezza il palato per chiudere con un amaro delicato: confermiamo, Simone ci sa fare. E le sue birre sono qui che vi aspettano fino a domenica, così come quelle di tanti altri birrai forse con meno titoli, ma sicuramente molto abili...

Tutte le curiosità della Fiera

Se pensavate che alla fiera della birra artigianale ci fosse solo di che bere, vi sbagliate: potreste cogliere l'occasione, ad esempio, per farvi la barba. No, non stiamo dicendo che gli organizzatori vi mettono a disposizione un rasoio elettrico oppure schiuma pennello e lametta, ma che c'è un vero e proprio barbiere "come quelli di una volta" pronto a radar i con la lametta su di una comoda poltrona. Trattasi di Roby Fuarfe di San Vito al Tagliamento, che nonostante la giovane età esercita la professione già da vent'anni: "A quattordici anni non avevo voglia di continuare a studiare - ammette - e così, complice un amico, mi sono avvicinato a questo lavoro". Nei locali della fiera ha allestito un vero e proprio salone: e sono i birrai stessi ad approfittarne - nella foto vedete Enrico di Mr Sez.

Altra curiosità sono gli orologi di My Little Craft: dalla Tennet's Super alla Peroni, sarà la vostra birra preferita a segnare l'ora. Della serie, è sempre l'ora di una birra, perché se il tè è alle cinque per definizione, la birra invece non ha orari.


Se siete poi desiderosi di imparare come abbinare birra e cibo, fate un salto da Theresianer: troverete una simpatica ruota colorata in cartoncino che funzionerà da prontuario per questo arduo compito.


Chi invece volesse cimentarsi per la prima volta nel fare la birra in casa, o già la fa e volesse trovare qualche compagno con cui condividere la passione, confrontarsi e magari assaggiare le reciproche creazioni, non ha che da ricolgersi al banco dell'Associazione Homebrewers Fvg: gli associati saranno felici di rispondere a tutte le vostre domande, nonché di accogliervi nelle fila dei tesserati.

Tra le peculiarità, infine, ci sono gli spettacoli musicali: nella serata di apertura l'ha fatta da padrone il country, con la band che ha fatto ballare e i presenti sulle note di Johnny Cash, John Denver e molti altri ancora. E stasera le sorprese sono ancora tante: che dire, vi aspettiamo a partire dalle 16!

Pronti, partenza, via!

I friulani avevano atteso a lungo  evento dedicato specificatamente alla birra artigianale: un popolo forse non di poeti e di navigatori - per quanto Trieste una tradizione ce l'abbia, e anche i poeti non manchino - ma di appassionati di birra e di homebrewing di sicuro. Dopotutto, siamo pur sempre nel regione italiana che conta il maggior numero di brrifici artigianali - una trentina - in rapporto agli abitanti, e che ha dato i natali ad un'attivissima associazione di homebrewers. Per cui, quando alle 18 di oggi si sono aperti i cancelli della fiera di Pordenone - che tecnicamente non è Friuli, ma tant'è - per la prima edizione autunnale di Mastro Birraio,  l'attesa era palpabile: come la foto testimonia, la coda era notevole già prima dell'ora x.

Ci siamo avvicinati ad alcuni dei primi mille fortunati che hanno ricevuto il bicchiere con il logo della Fiera in omaggio: Federico, Luca e Giulio erano in coda già alle quattro e mezza, tanta era l'attesa per il grande evento: "Ma ora la birra ripagherà dell'attesa", assicurano, e corrono rapidi verso gli stand. Anche il simpatico quartetto capeggiato da Fabrizio, che ha fretta "perché ho sete", accetta riluttante di fare una foto sostenendo che "il bicchiere vuoto fa tristezza", e segue a ruota gli altri.

Andrea, Andrea, Marco e Riccardo dicono di essere di aperte vedute in quanto a gusti di birra, e di essere qui "perché questa è birra artigianale: è più naturale, ha carattere, e ai birrai piace sperimentare. La birra industriale, in confronto,  è anonima".


Incontriamo anche un gruppo di homebrewers di Maniago, la famiglia Oss Noser: dei veri e propri intenditori, in particolare di birre belghe a fermentazione spontanea: "Ma anche le ipa, le strong bitter e le blanche", precisano. Insomma, un po ' di tutto, e allo stand del Birrificio Benaco 70 instaurano una dotta dissertazione con il birraio Riccardo.

Naturalmente non potevano mancare appunto le birre belghe : nella fattispecie le celebri trappiste Chimay e Orval. Michele ricorda con nostalgia i suoi tempi a Bruxelles: e brinda non tanto ai bei tempi andati, quanto alle altre birre che lo aspettano. Che dire: prosit!

domenica 26 aprile 2015

Un ultimo scorcio dal Bel Paese

Non mancano in quest'ultimo fine settimana nemmeno i birrifici italiani; a partire dal pionere del settore, Le Baladin, il cui fondatore Teo Musso ha scritto la prima pagina di una storia che oggi conta oltre ottocento birrifici artigianali. Baladin porta i pezzi storici: la Nazionale - prodotta solo con materie prime italiane -, la Open - nelle versioni White (blanche) e "Rock and roll", con l'aggiunta di ben cinque tipi di pepe che senza risultare invasivi donano un peculiare tocco amaro nel finale -, la rossa doppio malto Elixir con lieviti da scotch, la Super Bitter e la stout Brune - una delle tre ricette originali del fondatore e disponibile solo alla spina.

Altro birrificio "storico" è Amarcord, che porta la bionda, la bruna e la mora: no, non sono tre donne, ma le loro tre classiche ad alta fermentazione, la prima aromatizzata con miele d'arancio, la seconda con zuccheri canditi, e la terza con caffè. A queste si aggiunge la bionda Gradisca, unica bassa fermentazione.


Una sosta è poi d'obbligo allo stand di Retorto, che esibisce con orgoglio i propri trofei: un primo premio ("nella targhetta c'è scritto terzo, ma è un errore") al Campionato Italiano delle birre artigianali 2014 per il barley wine Malalingua, e altri due per la belgian sgtrong ale Black Lullaby e la scotch ale Daughter of Autumn - sul gradino più alto per la sua categoria anche a Birra dell'Anno. La chicca è indubbiamente la Black Lullaby, una scura ad alta fermentazione con l'aggiunta di avena, fave di cacao e bacelli di vaniglia: gli intensissimi sapori di tostato iniziali virano così verso il dolce in chiusura, con una leggera punta di acido. Ma anche la Daughter of Autumn, strong ale di stile scozzese dai toni caramellati e discretamente torbati, merita una prova: prendetele entrambe e condividete.

Da non perdere nemmeno Toccalmatto, che esibisce la celeberrima pils Re Hop, la saison Tabula Rasa, la Pale Ale Zona Cesarini, e la saison Sibilla: una belga che più belga non si può, dai classici profumi floreali e un finale speziato con una punta di leggera e dissetante acidità.


A voler portare la "Birra al popolo", come da slogan, è poi il birrificio San'Andrea - BSA per gli amici - di Vercelli: perché "la birra è per tutti, è conviale", afferma Armando nell'illustrarci le birre disponibili - tutte rigorosamente di stile anglosassone. Su tutte spiccano la RiOt, una belgian strong ale dalle possenti note maltate e caramellate con una chiusura tra i sentori di frutta secca e quelli di whisky, e la Fog, una witbier assai rinfrescante con infusione di buccia d'arancia e coriandolo.

Ultima voce fuori dal coro, non perché fuori stile ma per la sua storia particolare - un marchio nato nel 1766 a Trieste con Maria Teresa d'Austria, e poi fatto rinascere a Nervesa nel 2000 dall'imprenditore Martino Zanetti - è Theresianer, che ha fatto del celebre "Editto di purezza" del 1516 - che impone di usare solo malto d'orzo, acqua, lievito e luppolo - la sua regola imprescindibile. Tra tutte vi consigliamo la strong ale, dagli intensi profumi e sapori maltati e di frutta secca: attenzione però agli 8 gradi e mezzo, suggeriamo una piacevole attesa a uno degli stand gastronomici prima di rimettersi alla guida...

sabato 25 aprile 2015

Home sweet home...brewing

Dato il gran numero di homebrewers in Italia - si stima siano oltre 10.000 - Mastro Birraio non poteva certo ignorarli: e così oggi René Vacilotto, homebrewer di decennale esperienza, ha portato i ferri del mestiere per l'incontro "Ne facciamo di tutti i colori". Incontro in cui Vacilotto ha spiegato "come io faccio la birra: perché è vero che ci sono delle regole e dei procedimenti da cui non si può prescindere, ma alla fin fine ognuno ci mette del suo".

Vacilotto ha iniziato da una panoramica sulle materie prime e sulla storia della birrificazione, dall'editto di purezza di Guglielmo di Baviera - che consentiva l'uso unicamente di malto d'orzo, acqua, luppolo e lievito - alle birre più "fantasiose" in cui, dalla frutta alle spezie - che sono pur parte della tradizione birraria belga - qualsiasi aggiunta è ammessa; ed è poi passato a raccontare appunto come fa lui la birra, con il risultato finale - una bottiglia con scritto "La birra di René" - in bella vista sul tavolo; così come in bella vista sul tavolo erano gli "attrezzi del mestiere", dai pentoloni per preparare il mosto ai malti. Un incontro a metà tra il racconto di un hobby - così lo ha definito Vacilotto - e la lezione di chimica, alla scoperta del legame tra enzimi, temperatura, zuccheri e lieviti. Vi risparmio la lezione, ma sappiate che, se volete fare birra a dovere, qualche ricordo di chimica del liceo potreste doverlo riesumare: buono studio, buon divertimento, e buona degustazione finale - se la birra v'è riuscita bene.

Ma Vacilotto non è l'unico rappresentante degli homebrewers: uno stand è infatti dedicato all'Associazione Homebrewers Fvg, nata nel 2014, che ha riunito gli appassionati di tutta la regione e oltre per approfondire la loro passione con degustazioni, confronti e visite guidate, e farla conoscere ad altri - essendo il tesseramento aperto a tutti. Domani i ragazzi friulani faranno una cotta pubblica, per precisione una Ipa, così da far vedere a tutti come nasce la birra; ma anche per chi non volesse fermarsi a lungo così da vederla tutta, un giro al loro banchetto per testare di persona i vari campioni di malto e di luppolo - e rendersi conto della differenza esistente tra le diverse varietà - è comunque molto istruttivo. Chissà che qualche visitatore non rimanga così affascinato da tesserarsi....

Tutti i sapori del Mastro Birraio, parte terza

Anche nel terzo fine settimana prosegue il viaggio tra i piatti tipici della Penisola. Troviamo ad esempio la Toscana con i suoi affettati tagliati al coltello: su tutti la tipica finocchiona, un particolare tipo di salame fresco con semi di finocchio, e il saporitissimo prosciutto. Aggiungiamoci pure la simpatia del ragazzo allo stand, e il piatto è servito.

Un po' più a sud, non poteva mancare nemmeno la porchetta di Ariccia: assaggiata sul pane caldo, è indubbiamente una squisitezza come poche.


In generale, comunque, se siete appassionati di carne Mastro Birraio è il posto che fa per voi: dall'hamburger di chianina, alla fiorentina cotta alla brace, agli arrosticini, alle grigliate dell'osteria argentina -incredibile la tagliata che vedete nella foto -, ce n'è davvero per soddisfare anche i palati più esigenti.


Dopotutto, però, sempre di una fiera della birra si tratta: e infatti c'è anche lo stand della torta alla birra, prodotta dalla pasticceria Garbujo di Feltre, utilizzando la birra Centenario di Pedavena al posto del latte nella crema pasticcera. Vabbè, in realtà l'alcol evapora e anche l'aroma della birra non si conserva intatto: però c'è di che leccarsi i baffi...

Una tradizione da tutta Europa

Il terzo weekend di Mastro Birraio è dedicato alla scoperta delle tradizioni birrarie di tutto il continente. Iniziamo, in ordine puramente casuale per non fare torto a nessuno, da quella tedesca: direttamente dalla Franconia arriva Weiherer Bier, il cui slogan "semplicemente birra" ben indica la volontà di mantenersi fedeli alla secolare storia brassicola del Paese: su tutte spiccano la Bock, medaglia di bronzo 2011 European Beer Star, dai dolci aromi di malto con sentori di tostato in chiusura; la Rauch, affumicata medagli d'argento 2014; e sul primo gradino del podio la Keller, medaglia d'oro 2011, dagli aromi fruttati di pera e pesca dati dal lievito.

Sempre dalla Germania, ma più eterodosso in quanto a tradizione, arriva in Braukunst Keller, che su otto birre brassate ne ha ben cinque non di stile tedesco - principalmente vari tipi di Ipa -; la specialità da provare è però la Smoked & Sour, birra che - secondo un'antica ricetta tedesca - unisce sapori affumicati ed acidi utilizzando il 40% di malto rauch (affumicato, per i non bilingui) e malto sour (acido, sempre per i non bilingui). Per palati forti, ma indubbiamente interessante.

Passando alla Spagna, Paese poco noto sotto il profilo birrario ma in pieno sviluppo, troviamo il catalano Carpano: il panoreama offerto è molto ampio, spaziando su più o meno tutti i generi; chi scrive ha provato per voi la Devil's Ipa, una Ipa dai colori ramati e dall'amaro assai deciso - 130 Ibu, per gli adepti; e la Blonde Ale, dai freschi profumi agrumati e assai dissetante.

Dalla Svizzera arriva invece Bad Attitude, che, oltre che per le birre, merita una visita se non altro per la creatività delle spine: vedere la foto per credere.


Naturalmente non poteva mancare il Belgio, con due dei birrifici più quotati al momento per quanto relativamente giovani - Lupus e Rulles -, più una chicca, la piccola ma abile Brasserie de Bastogne: da provare la loro Trouffette, in particolare la blonde, che si distingue per un aroma floreale particolarmente intenso che continua con le stesse note anche nel corpo rotondo, per chiudersi poi con una luppolatura fresca e un amaro delicato.

Né poteva mancare l'Inghilterra: lo stand Beer Gate riunisce diverse produzioni dell'isola, dalla Durham Brewery - con la Bombay, autentica Ipa in antico stile inglese, dalla luppolatura più amara , alla By the horns brewing company, all'agribirrificio Great Newsome che usa il 90% di materie prime proprie - da provare la best bitter Frothingam Best, in puro stile inglese senza gasatura a con note dolci quasi da whisky. Rigorosamente spinate a pompa, come la tradizione inglese comanda.




Da ultimo, ma non per importanza, la Repubblica Ceca. Direttamente da Praga arriva Malastrana, che ha portato direttamente da Praga la sua Bohemian Pils fresca di certificazione Igp: cereale puro nel corpo pieno, come da miglior tradizione boema. Vi aspettiamo per un tour del continente!

venerdì 24 aprile 2015

La più antica delle birre moderne...o la più moderna delle birre antiche

Sono state le prime birre ad essere prodotte nell'antica Mesopotamia, eppure oggi sono relativamente poco conosciute - almeno in Italia: stiamo parlando delle birre a fermentazione spontanea, ossia quelle in cui la fermentazione avviene grazie ai batteri e ai lieviti naturalmente presenti nell'aria. Pressoché tutte sono caratterizzate da un'acidità più o meno intensa, e per questo sono dette anche birre acide - per quanto i due termini non siano esattamente sinonimi, in quanto alcune birre acide sono prodotte con lieviti inoculati; e oggi la loro "patria" è lungo il corso del fiume Senne, in Belgio, le cui particolari condizioni ambientali la rendono particolarmente adatta alla loro produzione. Anche a Trieste però c'è una piccola "valle della Senne": o almeno così è pronto a giurare chi ha visto la cantina di Paolo Erne, homebrewer - uno dei più vecchi d'Italia, avendo iniziato nel 1972 - e fondatore dell'Accademia delle Birre, che oggi è arrivato a Santa Lucia per condurre i presenti in un viaggio alla conoscenza di queste birre - intitolato "la più antica delle birre moderne" - di cui è uno dei maggiori cultori nel nostro Paese.

La birra, ha raccontato Erne tra il serio e il faceto, "è probabilmente nata dalla dimenticanza di una signora della Mesopotamia, che ha lasciato la minestra d'orzo fuori di casa e ha iniziato a fermentare"; per la felicità del marito, che ha trovato quella zuppa particolarmente dissetante. Per questo, "chi dice di essere tradizionalista bevendo pils, sbaglia: il vero tradizionalista beve birre a fermentazione spontanea".

Paolo Erne ha poi fatto una panoramica su "vari tipi di acido", come li ha definiti: dall'acido acetico, che caratterizza alcune birre belghe come le Rodenbach; quella lattica, che usa gli stessi bacilli dello yogurt e dona il caratteristico sapore tra l'adico e il dolciastro; e molti altri ancora, "ma non scadiamo nella biochimica, perché questa è una chiacchierata e non una lezione".

Ma come si fanno al giorno d'oggi le birre a fermentazione spontanea? E come gestire un processo in cui sono coinvolti anche 200 microrganismi - tra cui, credeteci o meno, quelli naturalmente presenti nelle fogne? Niente paura, ha assicurato Erne: "Dopo qualche giorno arriva il saccaromyces che la sterilizza. E' una lotta biologica". Poi arrivano i lactobacilli, che creano una muffa "che può spaventare chi non ha mai visto nulla di simile: ma il birraio preparato è felice, perché vuol dire che tutto sta egsuendo il suo corso". Finito il nutrimento per i lactobacilli, "arriva il brettanomyces cerevisiae, un altro lievito, che degrada gli ultimi zuccheri". In conclusione, ha ribadito Erne citando un noto detto belga, "il mosto lo fa il birraio, ma la birra la fa il lievito".

domenica 19 aprile 2015

Tra Veneto e Friuli

Naturalmente non possiamo non ricordare i birrifici che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale. Qui abbiamo Il Birrone, il cui mastro birraio Simone Dal Cortivo è stato insignito da Unionbirrai del titolo di birraio dell'anno 2015, e l'Acelum, che con la sua dark ipa Bela Lugosi si è aggiudicata il secondo gradino del podio per la sua categoria al concorso "Birra dell'anno": una scura dai toni profondamente amari e dalla luppolatura intensa e persistente, che sicuramente saorà affascinare gli amanti del genere. Ma merita indubbiamente una menzione anche la Freya, una special ale al farro dai toni delicati di fiori, miele e crosta di pane, e la berliner weisse "Sour Germana" - novità della casa - servita con succo di lampone aggiunto al momento, come da tradizione.

Tornando invece al Birrone, oltre alle classiche della casa - la pils Bruska, la bbock Punto G, la helles Keller, la blanche Heaven e la weiss Vai Zen - troviamo la novità della casa, la fruit sour Sax Alto; e rimanendo sempre nel vicentino - nonché nello stand accanto - si possono degustare la blonde ale Quinta, la english pale ale Enpaal e la amber ale Dama dell'agribirrificio Cerbeer.

Sempre in quella zona troviamo poi Birracrua, storicamente il primo microbirrificio ad aprire nel vicentino una quindicina d'anni fa: tra le diverse birre disponibili - dalla chiara alla ipa - merita una mezione la Montecrocetta, una bock dal colore ambrato aromatizzata al miele di castagno: una fusione di note dolciamare, perdonate il termine, tutto da provare.

Spostandoci verso il Friuli, oltre al celeberrimo Zahre - che esibisce la novità Ouber Zahre, una Apa dalle piacevoli note di crosta di pane - troviamo Villa Chazil, birrificio agricolo che usa materie prime proprie per la produzione: oltre alla lager e alla pale ale, tutta da provare è la bianca ai fiori di sambuco, fresca e dissetante anche grazie all'aggiunta di scorza di limone. Prosit!